buffe bufere

17 febbraio 2011

E’ proprio un bel periodo.
Mi trovo nel bel mezzo di una mezza bufera.
È strano, tutto molto ironico.
Le bufere si spostano, non passano, un po’ come il male fisico quando ti alleni: hai male alle gambe, poi alle braccia, poi alla schiena, poi ancora alle gambe e così via.
Così le bufere imperversano sui fronti, per fortuna un fronte alla volta.
E tu passi da una trincea all’altra.
O meglio ti sembra di passare da una trincea all’altra.
Se prima chiedevi aiuto per il cuore, ora chiedi aiuto per la testa.
Ma cosa chiedi aiuto sempre?
Penso che chiedere sia sano, indice di umiltà, indice di bontà.
Condividere emozioni, cercare nuove soluzioni, confrontarsi, ti impedisce di ergerti a giudice e giuria da solo, oltre che a riportarti la maggior parte delle volte con i piedi per terra.
Son stato promosso, o meglio quello che credevo.
Alla fine faccio molto più lavoro per la stessa cifra, ma non è questo il punto.
Il punto focale è la qualità del lavoro, decisamente peggiorata, se non estremizzata.
Il ritmo è alto, il rispetto è basso.
E non vedo miglioramenti futuri.
Quindi un nuovo impiego diventa imperativo.
Ti svegli, lavori, ti alleni, e infine ti metti in giro a cercar lavoro.
Risultato: zero tempo.
Per tutto, compreso il riposo.
Nonostante molti amici e molte amiche mi dicano di rispettarmi di più, di ritagliarmi più tempo per me stesso, affronto la vita in generale (perché mi accorgo che questo atteggiamento lo utilizzo un po’ dappertutto) nel modo sbagliato, che è il modo “da nuovo ordinamento universitario”.
Se c’era una cosa che odiavo nell’essere uno studente universitario era che negli ultimi anni di studio, ogni giornata passata a “cazzeggiare” la consideravo sottratta allo studio, sabato e domenica compresi.
Questa errata concezione nasceva dal classico 27, che una volta preso ti faceva incazzare con te stesso per la domandina stronza del prof, o la dimostrazione dimenticata del teorema cazzillo.
E invece di incazzarmi con John Belushi che ti aveva maledetto schiacciando il tasto sfiga, io mi incazzavo con me stesso, e mi ripetevo che se avessi studiato un po’ di più a quella domandina avrei risposto quasi con sdegno, scandalizzandomi che il professore anche lontanamente sospettasse che io non sapessi tali ovvietà.
Quindi inframezzavo momenti di svacco completo con sessioni massacranti di studio in corrispondenza degli esami.
Con il lavoro questa tendenza si è affievolita, il weekend mi permette di staccare la testa, ma questo cozza con il volere del mio capo, che pretenderebbe che io non smettessi mai di pensare al lavoro e che tornassi il lunedì avendo meditato nel week end ai problemi sorti nel venerdì.
Non sono di quella parrocchia.
Solo che il cercar lavoro è un ulteriore lavoro.
Ma senza orari, senza stipendio, quindi ogni momento sottratto ad esso, è un momento perso.
È una reazione esagerata, sono il primo a sostenerlo, ma è una reazione naturale, quasi umana.
La materializzazione del “fare tutto il possibile per”.
Già, cosa prevede il possibile? Quando l’abnegazione supera il concetto di benessere? È più importante lo stare bene ora, anche se non si sta bene, ma comunque cercare di lenire un po’ il malessere attuale, o stringere i denti e attivarsi per estirparlo nel futuro?
Come al solito la soluzione è nel mezzo.
Solo che come al solito il mio mezzo è un’altalena tra una sponda e l’altra.


2011: raise!

5 gennaio 2011

Sono in macchina, sto scrivendo con il telefono, mentre guido anzi mentre curvo e scalo marcia.
Due obiettivi:
Essere leggero
Non mollare mai


la teoria dei quattro assi

3 gennaio 2011

Ero in giro, ero in vacanza, quando wordpress mi ha mandato una mail con un riepilogo di quello che ho scritto sul blog quest’anno, e guardandolo ho pensato:ehy non male baby!
Si non male, ma è una grande cazzata.
Complice un’insonnia acquisita (si, l’insonnia si può trasmettere), mi trovo a scrivere, a fare due chiacchiere con voi, dopo un bel po’ di tempo di silenzio.
Scusarsi per il silenzio è assurdo, ognuno in casa sua fa quel che gli pare, e mi accorgo che sono stati e sono tutt’ora tempi densi.
Forse come una mia amica mi diceva, vivo una vita troppo movimentata, penso troppo movimentato,
insomma, mi cerco i guai.
E’ vero, è vero assolutamente, i guai io li vado a snidare, vago con un bastone a sollevar le pietre dove i guai si nascondono, e sibilando quando vedono la luce del sole me la fanno pagare.
Bravi questi guai, molto bravini.
Comunque, bando alle ciance, ai cazzi e ai mazzi, è stato un anno intenso, denso, come dicevo prima.
Nuovi amici, vecchi amici,
nuove persone, vecchie persone,
riscoperte, scoperte, delusioni, speranze,
non mi son fatto mancare niente, è stato un anno che ha coperto tutto il carnet delle emozioni che un uomo può provare, dalla più bassa alla più alta.
Tralasciamo i quantitativi, la bilancia delle emozioni è sempre falsata, il dolore è fatto di pietra e il piacere di vento, non ha senso pesare i quantitativi.
Quello che importa, è quello che rimane, come al solito.
E’ penso che mi sia rimasto molto.
Molto dentro di me.
Ma parliamo dei maledetti quattro assi, perchè ogni anno, nei primi giorni mi viene in mente questa maledizione.
Io ho una maledizione sul capo, sembra assurdo, ma così è.
La maledizione dei quattro assi.
I quattro assi rappresentano: la casa, la macchina, la ragazza e il lavoro.
Questi 4 elementi nella maledizione non posso esistere insieme.
Uno deve sempre mancare.
Porca paletta.
A fanculo questi quattro assi del cazzo.
La compagna c’è,
la macchina c’è,
la casa sembra tenere,
e il lavoro,
bhè, comincio a guardarmi attorno, ho bisogno di nuovi stimoli.
Son sicuro che quando questi arriveranno,
mi si romperà la macchina.


Le colonne portanti

19 ottobre 2010

Ultimamente mi sono accorto che faccio pile,
prima facevo liste, liste di tutto, ora ho fatto un passettino in avanti: accumulo.
Faccio pile di tutto, di libri da leggere sul comodino, di foto da taggare, di serie tv da vedere, di film da guardare, di musica da sentire.
Le pile e le liste delineano una volontà di potenza che purtroppo raramente si oggettiva.
È il classico di tutta la mia infanzia “il ragazzo è sveglio ma non si applica”.
Io, destinato al potenzial, afflitto dalla sindrome del volersi lasciar tutte le porte aperte.
Ci sarebbe da parlarne per secoli di questa malattia del “piano B”.
Che affligge tutti, in svariati modi, mio padre per esempio è il classico “che non butta via nulla”.
Siam tutti così forse?
Io mi ci ritrovo perfettamente, la Sindrome del Collezionista, quel sentimento che mi obbliga a scrutar il futuro per cercar probabili usi futuri di qualsiasi cosa.
L’opposto del consumismo? Assolutamente no.
Forse il consumismo, o il benessere, o i tempi moderni, o il cazzo di cane, ci ha dato troppo, troppa scelta, troppi desideri, troppo dettaglio.
Forse un tempo si aveva idee generiche, bisogni generici, e per assurdo, un bastone serviva come arma, utensile, strumento, e sostegno.
Megalo oggetti che polimorficamente venivano utilizzati alla bisogna.
Megalo desideri che in sintesi racchiudevano le ambizioni e le aspirazioni frammentate in miriadi di piccoli desideri espressi nel dettaglio attualmente.
Voglio lo stereo fedele, il computer scattante, l’hard disk capiente, la moto rombante, la macchina confortevole, la pancia piatta, il lavoro gratificante, e via dicendo.
E così, mi perdo a fantasticar su un improbabile dialogo tra un me stesso attuale e un me stesso antico che guardandosi divisi da uno specchio d’acqua cercano la stessa cosa: lo stare bene.
L’uno ossessionato da mille oggetti e desideri, l’altro focalizzato sul suo desiderio.
Progresso.


Scelti per voi

18 ottobre 2010

Ogni tanto, rigorosamente in macchina, mi soffermo su un pensiero bislacco.
Tendiamo a seguire, non a scoprire,
ci riesce più facile percorrere una pista già battuta in precedenza, piuttosto che armarsi di machete e farsi largo tra le fronde delle difficoltà e delle insidie. Penso sia naturale.
Così anche nella vita, alle volte, quando vediamo una pista battuta, subito ci viene voglia di percorrerla.
Proviamo a calarci nel nostro contesto.
Sei single e necessariamente nessuno o nessuna, a seconda del tuo sesso e del tuo orientamento, ti caga. Ti vedi brutto, e cazzo! Sei brutto!
Passata la prima fase, ancora vedi che “non si tira su una cippa”,
è normale, Dio Santissimo se è normale.
Mettiamo che qualcuna trovi, ecco, che ti fa anche stare bene.
SBAMM!
Eccole tutte lì, tutte in piazza, tutte in fila, che si dimostrano disponibili e volenterose di approfondire conoscenza e amenità ulteriori.
La capacità di attrarre partner è direttamente proporzionale al vostro valore percepito dagli altri.
È una legge della natura, tu affabilmente sfoderi il sorrisone sornione e quando ti chiedono con giri di parole più o meno complicati e/o eleganti se sei single o meno, e tu candidamente comunichi la sospensione dal Club.
Ecco che dall’altra parte nascono due sorrisi: il primo per la preapprovazione (allora vedi che avevo visto giusto, questo qui è un manzo di prima scelta, infatti è già stato accalappiato) e il secondo per la sfida negli occhi della “cacciatrice” (son sicura di essere mille volte meglio di quella sfigata là, in questo momento lui mi sta facendo gli occhi da triglia, palesemente ne vuole, vedremo come andrà a finire, ora non devo esagerare, anzi, me la tiro un po’ così faccio la sostenuta).
È un super classico, tu ti senti amato, approvato, trovi qualcuno “che ti fila”, e “magicamente” la tua sicurezza centuplica.
Razzi nel culo dice Terzani, Razzi nel culo.
Sei sicuro perché non hai nulla da perdere a fare la mossa del Gatto Persiano con la prima ragazza che incontri, perché fondamentalmente non provi a sedurla, semplicemente trovi accessorio il sedurla, piuttosto ti va di rilassarti, conoscere gente nuova e scambiar un po’ di chiacchiere, tutto lì.
E questo, cari i miei cinque lettori, è il colpo più basso che possiate infliggere ad una cacciatrice.
Quindi non disperate, siete stati lasciati, trovatevi una ragazza immaginaria che non sia attaccata al vostro avambraccio, un’amica complice forse, come preferite.
Uscite, andate in giro, fate due chiacchiere e ogni tanto, di fronte ad una bella ragazza, chiamate la vostra amica con frasi dolci.
Qualche saluto, e un bel congedo del tipo: “vorrei, ma non posso”.

Opplà il primo set è vostro.

Pronti per il prossimo incontro, dove potrete anche sfoderare, l’arma in assoluto più devastante, la famigerata “crisi di coppia”.

P.S
Non so miei lettori cosa penserete dopo un post del genere, francamente sarei curioso di saperlo, ma come vi avevo già preannunciato, voglio svecchiare un po’ questo posto, smettere il lutto e diventare un po’ più ridanciano, stando sempre “sul pezzo”.
Alla fine le delusioni di amore capitano a tutti, a me, a voi, ai nostri padri e ai nostri figli.
Possiamo piangere, dobbiamo piangere, ma possiamo anche ridere, e alle volte, ridendo, ridiamo di noi, con noi, e il sole fa capolino.


il buco, con qualcosa intorno

14 ottobre 2010

“è quel vuoto maledetto che mi spaventa
quel buco

che io erroneamente imputo alla mancanza altrui
quando la mancanza altrui semplicemente mi costringe a guardarmi dentro
e a vedere e prendere atto di quel vuoto”

da una chattata con un mio amico…

“più che altro
la mancanza altrui Lascia, il vuoto

ma son dettagli
angolo di visuali
diversi
ma di pochi gradi
l’unico
incontrovertibile
dato
di
fatto
comune
è la Stanchezza.”

e questa è la sua risposta.


i giorni peggiori

11 ottobre 2010

Volenti o nolenti, i giorni peggiori transitano, ti vengono addosso.
Ho afferrato la consapevolezza che se non affronto le situazioni come se fossi in guerra, guardandole con l’occhio di chi deve scegliere tra vivere e morire, e quindi assolutizzandole, non riesco a fronteggiarle.
Mi ritrovo in una sorta di prigione atarassica.
E così mi calo l’elmetto in testa, quell’elmetto dove c’è scritto "War is the Hell" e incomincio una nuova giornata.
Ho voglia di approfondire, ho voglia di scrivere, devo scrivere.


Aggiustare la vela

24 settembre 2010


cicli karmici

20 settembre 2010

Stavo pensando di dare una svolta a questo posto, una sorta di svecchiata.

In fin dei conti questo posto è mio, o meglio, pago io l’affitto, e voglio decidere io il colore delle tende.

Pensavo di condividere quelle brevi verità, soggettive, che ho appreso in questo periodo, roba spicciola, filosofia di noartri.

Qualcosa per ridere insieme, per riflettere, e forse per guardarci da un punto di vista diverso.

Non mi voglio ergere a giudice, a sapiente, a vate.

Metto solo su bit digitali quello che mi è successo, forse leggerete consigli, assiomi, postulati (il gergo matematico mi è sempre caro), semplici osservazioni.

Prendete tutto con leggerezza, leggerezza ci vuole nella vita, altrimenti ci seppelliamo da soli.

Come diceva il vecchio maestro: “tutti possono cadere nelle acque oscure, nessuno è mai morto per questo, qualcuno è morto perché non ha voluto nuotare fino a galla”.

Il problema è uscire dal pantano, non finirci.

E per ora sembra che ne sia uscito, sporco, inzaccherato, ma comunque per ora il pantano è dietro alle spalle, ne arriveranno altri, per carità, la vita è soprattutto questo, ma Quel pantano, quel preciso pantano, con quel tipo di merda, quei confini e soprattutto: Quel Nuotatore, beh quello è un capitolo chiuso.

Fatemi sapere, se volete, se gradite questa svolta, io comunque proseguirò come al mio solito, di testaccia mia.

Qua comunque, c’è una poltrona e una birra per tutti, accomodatevi.


Dove sei finito campione?

15 settembre 2010

Bella domanda questa,ci sono, sono vivo, forse molto di più di quanto ero prima, forse un po’ di meno, sicuramente vivo in maniera diversa, ma per semplicità, facciamo un po’ il punto della situazione.
A luglio ricevo una grossa promozione, cambio lavoro dentro l’azienda dove opero da svariati anni, un incarico importante, che si porta dietro anche un’importante mole di responsabilità, che tradotto in soldoni significa tempo zero.
A luglio la mia lei ritorna.
E BAMM!
Dovendo scegliere tra l’amore e l’orgoglio, cosa scegliereste?
Io ho scelto l’amore.
Non posso non essere innamorato della persona che amo.
Segue un periodo di avvicinamento, ripresa dei rapporti, contatti, chiarimenti.
Inoltre ora sto attraversando la fase più dura del mio nuovo incarico, in concomitanza con appuntamenti autunnali che mobilitano tutte le aziende del mio settore.
Risultato,
zero chiacchiere, ecco il risultato.
Come ME ha evidenziato, questo blog è nato principalmente come un blog terapeutico, dovevo parlare, buttar fuori, sfogarmi, e perchè no, farmi conoscere per conoscermi.
Un po’ come il vedersi riflessi negli occhi degli altri.
Il giorno peggiore era la Domenica, quel giorno infame, dove tutti gli amici stanno con le loro rispettive metà, mentre io stavo con me stesso, uccidendomi di noia, di pensieri, di recriminazioni.
Un giorno che iniziava male, e finiva peggio, piangendo il più delle volte alla sera a causa del mancato svago, del mancato riposo.
Un periodo orribile, ma francamente indispensabile.
Perchè passato il momento cruciale dove non ti sopporti, lentamente impari a conoscerti, ad apprezzarti, e ad amarti.
E allora le domeniche riacquistano un loro significato, particolare, esotico, intimo.
Già quando avevo cominciato a scrivere sul blog da un po’ le domeniche erano delle ottime giornate, rilassanti, riposanti, ma inevitabilmente tristi.
Ora le domeniche sono ottime giornate a prescindere, da tutti e da tutto.
E non perchè ho di nuovo al mio fianco la persona che amo, ma perchè il suo ritorno mi ha provocato “un razzo nel culo” (come direbbe Terzani) di autostima che mi ha ricatapultato nella sfera delle persone “normali”, che poi “normali” non sono, diciamo che son rientrato nel club di quelli che si lamentano ma alla fine sanno che va tutto bene, che potrebbe andare tutto molto peggio, cazzo molto molto peggio.
Ora è tutto strano, tutto nuovo, nessun ritorno è mai un ritorno, è sempre un qualcosa di diverso, di nuovo, non di passato.
Quel che è stato non si cancella mai, si deve comprendere, o almeno si deve provare a farlo, a capire, a superare, a costruire qualcosa con basi diverse.
La storia ha un compito fondamentale: segnalare gli errori per cercare di non ripeterli, altrimenti tutto è ciclico.
Non so, questo spazio mi piace, mi piace molto, ma il lavoro, gli allenamenti (son ripresi, più duri e più intensi dell’anno scorso), e per ultima la mia vita sentimentale mi portano ad avere meno “urgenza” di aggiornare questo blog.
Ma lo voglio aggiornare.
Io voglio diventar uno scrittore, e questo miei cari, è il mio parco degli sbagli.
Buonanotte a tutti,
e un particolare grazie a Single a trent’anni, che mi ha ospitato, e che mi ospita sulle sue pagine, a Livia, a Randone e al suo blog che ha visto e continua a vedere fiumi di lacrime, a Fabio, a Matteo e a molti altri ancora, che mi hanno sopportato in uno dei periodi più cupi della mia esistenza.